L’ERA DEL CONSUMISMO (quarta parte)

L’era del consumismo è finita, ma non ce lo hanno detto al telegiornale.

L’era del consumismo ha esplicato il massimo delle sue caratteristiche nel periodo 1950 – 2000; la ricostruzione post-bellica e l’esportazione del modello di vita statunitense verso il resto del mondo hanno prodotto un apparente benessere , in particolare in nord America, Europa, Australia e Nuova Zelanda, Giappone e sud Corea.

Il consumismo è la massima espressione del capitalismo, affermatosi nel corso del XIX e del XX secolo, dopo la prima e la seconda rivoluzione industriale. Quel modello economico (ancora prevalente) si basava su bassi costi di materie prime e sulla produzione di massa di beni e servizi, da vendere alla popolazione attraverso l’uso massiccio del marketing e della pubblicità.

Quel modello economico ha consentito di raggiungere in pochi anni un discreto benessere nelle sopracitate aree geopolitiche, consolidando il sistema capitalistico, in particolare nei confronti dei paesi “comunisti”.

Ma già negli anni ’70 dello scorso secolo qualcosa aveva iniziato ad inceppare il meccanismo. Le guerre arabo-israeliane fecero salire vertiginosamente il prezzo di gas e petrolio, rimettendo in discussione gli equilibri raggiunti. Negli anni ’80 venne realizzata una ristrutturazione del sistema produttivo mondiale per rispondere a questa esigenza e negli anni ’90 decollò la globalizzazione che consentì di ampliare i mercati. Il crollo del Muro di Berlino del 1989 accelerò questa tendenza.

L’avvento della Repubblica popolare cinese (PRC) nel mercato mondiale ed il crollo dell’Unione delle repubbliche socialiste sovietiche mutarono profondamente gli scenari, sembrava che il capitalismo avesse vinto e fosse l’unico modello di riferimento.

Sempre negli anni ’70, il rapporto del MIT “I limiti della crescita” metteva in guardia l’umanità sulla limitatezza delle risorse naturali: non si può crescere all’infinito in un pianeta finito. Le teorie economiche (ahinoi ancora dominanti) non mettono la “natura nel conto”: le risorse naturali vengono considerate illimitate, come illimitate vengono considerate le capacità di sopportazione del pianeta nel ricevere gli scarti delle attività umane (emissioni gassose, liquide e solide – i rifiuti e gli scarti produttivi).

Ormai nessuno può negare che le emissioni antropiche abbiano causato una crisi climatica di cui ogni giorno prendiamo sempre più atto: 50° C in Canada, piogge monsoniche in Europa, chicchi di grandine grossi come pesche, tornado nel Mediterraneo.

Il modello economico capitalista si sta scontrando non solo con la crisi climatica, ma soprattutto con il fatto che il mercato di riferimento (quasi 8 miliardi di persone) è profondamente diseguale.

  1. Le nazioni ricche del nord del mondo hanno quasi raggiunto la saturazione dei mercati, anche perché le varie crisi degli ultimi 20 anni hanno profondamente impoverito la classe media, che è quella che ha alimentato l’era del consumismo
  2. le popolazioni delle nazioni povere di sud America, Africa e Asia non hanno abbastanza redditi per “consumare”
  3. i consumi della classe media delle altre nazioni emergenti o già potenze mondiali (come PRC, India, Sud Africa, Brasile ed altre) non riescono a compensare il calo dei consumi di nord America, Europa, Sud Corea e Giappone)

La crisi mondiale causata dalla pandemia Covid-19 ha acuito i problemi accumulatisi negli anni. Ma in pochi propongono di ripartire ripensando completamente modelli economici e stili di vita.

Ma nulla sarà come prima.

Si sa che gli esseri umani sono resistenti ai cambiamenti; noi tutti preferiamo vivere nella “zona di comfort” che abbiamo consolidato negli anni, comfort fatto di certezze materiali, spirituali, culturali ed emotive a cui non vogliamo rinunciare.

Ed il consumismo si è auto-alimentato anche grazie a come è configurato l’essere umano: il comportamento di acquisto è gratificante, allontana le paure della miseria. Il denaro è visto come un analgesico, allontana il dolore, al pari delle interazioni con i nostri simili (siamo esseri sociali).

Tutto ciò è ampliamente descritto nel testo “Psicoeconomia della vita quotidiana” (autori: Claudio Lucchiari e Gabriella Pravettoni, editore McGraw-Hill, anno 2011), in particolare nel capitolo “Psicoeconomia del denaro”.

Le degenerazioni del consumo e dell’uso del denaro hanno portato e portano all’ ”acquisto compulsivo” di beni o servizi di cui non si ha bisogno, ma che servono a compensare i nostri vuoti affettivi/emotivi.

L’era del consumismo è finita ma non se ne vuole prendere atto, sia perché non è facile immaginare scenari alternativi, sia perché il consumismo sembra essere stato introiettato dagli esseri umani e non sarà facile sradicarlo.

Ma non abbiamo scelta, nulla sarà più come prima.

A seguito della devastazione degli habitat naturali, gli animali saranno sempre più a contatto degli esseri umani (vedere lupi e cinghiali in Italia) , arriveranno altre pandemie, la crisi climatica spinge e spingerà sempre più milioni di persone a cercare la salvezza altrove, la scarsità delle materie prime (soprattutto dell’acqua) spingerà le nazioni verso la guerra.

Anni fa a scrivere di queste cose si veniva tacciati di catastrofismo. Ma non stiamo parlando del futuro: STIAMO PARLANDO DEL PRESENTE.

Anche a livello politico si ripresentano gli scenari negazionisti, per cui conta solo l’economia, la produzione, il consumo; e Covid-19, crisi climatica e grandi migrazioni non contano niente o in maniera residuale.

Vogliamo continuare a fare come gli struzzi? Cos’altro deve succedere?

Durante il mese di luglio 2021, qualche improvvido politico o economista italiano ci raccontava che siamo di fronte a un “nuovo boom economico”, solo perché la crescita tendenziale del PIL è attorno al 5% (su base annua). Ma il politico e l’economista dimenticano di ricordare che negli ultimi 15 anni il PIL è stato praticamente fermo e negli ultimi 18 mesi è fortemente diminuito. Il 5% rappresenta un fisiologico “rimbalzo” ; non c’è da fare i salti di gioia, specialmente a seguito del “fuggi-fuggi” delle imprese multinazionali dall’Italia.

Non c’è scampo. Il pianeta sta andando letteralmente a fuoco, le nostre città sono allagate, non siamo ancora usciti dalla pandemia e qualche deficiente pensa solo al PIL. L’economia ed i rapporti nord-sud /est-ovest del mondo vanno profondamente ripensati ma (quasi ) nessuno ne parla.

Si continua a ripetere che dalla pandemia Covid-19 non ci salveremo da soli, ma serve uno sforzo titanico di solidarietà collettiva.

Non ci sono segnali in tal senso. Le persone vogliono solo riprendere a muoversi e a consumare esattamente come prima.

Come il turista che vuole andare in vacanza in una delle tante località del Mar Rosso, o a fare un safari in Kenia, infischiandosene completamente del fatto che a pochi chilometri di distanza ci sono conflitti insanabili, guerre civili, donne e bambini che muoiono di fame, dittature sanguinose, prigionieri politici che marciscono in carcere quando non vengono brutalmente assassinati.

Vogliamo continuare a comportarci come nel Titanic? Chissenefrega di tutto, divertiamoci finché e possibile, domani si vedrà. Non sembra un comportamento responsabile per garantire la permanenza della vita umana sulla Terra.

Vedere anche:

La lotteria degli scontrini ( 3 marzo 2021 ) LA LOTTERIA DEGLI SCONTRINI – promoambiente (wordpress.com)

Una nuova visione del mondo (10 giugno 2020) Una nuova visione del mondo – promoambiente (wordpress.com)

L’era del consumismo (16 agosto 2019 – prima parte) L’era del consumismo – promoambiente (wordpress.com)