UN MONDO AUTORITARIO

In molti hanno ricordato che nel corso del corrente anno 2024 andrà a votare la metà dell’umanità (circa 4 miliardi di persone).

E per cosa andranno a votare 4 miliardi di persone?

A dispetto di quella che potrebbe essere l’impressione degli abitanti dell’Occidente (Europa, nord America, Giappone, sud Corea) la democrazia è praticata solo in una ristretta minoranza delle nazioni nel mondo. Secondo alcune statistiche, pubblicate dal settimanale The Economist alcuni giorni fa, sembra che solo l’8% della popolazione mondiale viva in nazioni considerate democratiche. E molti indicatori danno questa percentuale in ulteriore calo.

E chi definisce il “livello di democrazia” di una nazione?

La democrazia è praticata laddove esiste libertà di espressione e di informazione, laddove non si viene incarcerati se si dissente dalle opinioni del capo della nazione, laddove le elezioni sono libere e ogni candidato può presentarsi nella competizione senza rischio di essere arrestato o ucciso.

Democrazia vuol dire “governo del popolo”: il popolo decide da chi vuol essere rappresentato e governato. Questo nella teoria. Ma gli abitanti del pianeta Terra che hanno esercitato la democrazia nel corso della storia (e ancora oggi) sono assai pochi; e forse in alcune piccole comunità sperdute del sud del mondo esistono forme di democrazia diretta che nemmeno conosciamo.

Fino a pochi anni fa nel cosiddetto “mondo civilizzato” prevalevano le monarchie. Solo nel XIX secolo, con l’avvento della borghesia produttiva e mercantile, le monarchie sono state costrette ad introdurre forme di rappresentanza elettiva, fino ad arrivare nel XX secolo a vere e proprie democrazie, dove il capo dello stato viene eletto direttamente o indirettamente dai cittadini. Ma questo avveniva (ed avviene ancora oggi) quasi esclusivamente in Europa e nord America.Per diecimila anni i popoli sono sempre stati governati dalla persona più forte, più abile, più scaltra, più malvagia, più ricca: è la legge naturale ed animale, che governa la vita sul pianeta Terra.Poi, sempre nel corso del XIX secolo, molti hanno capito che il popolo può far sentire la sua voce; ma il popolo si fa facilmente incantare dai vari mestatori di coscienze e tutte le rivoluzioni del XX secolo hanno poi portato al potere nuovamente una sola persona (Mussolini, Hitler, Stalin, Mao Zedong tra i più famosi e citati).

Senza scomodare dotti politologi, diciamo in estrema sintesi che la democrazia è fiorita laddove il sistema economico ha portato benessere e libertà. L’esempio di scuola è quello degli Stati uniti d’America (USA).

Gli USA sono nati come democrazia, dalla guerra di liberazione dal dominio inglese, e sono sempre stati citati come modello. Gli USA, come noto, sono la culla della seconda rivoluzione industriale (e di tutte quelle che si sono succedute), mentre la prima rivoluzione, quella della macchina a vapore, è scaturita nel XVIII secolo in Gran Bretagna.

Il sistema economico capitalista ha esplicato il massimo delle sue potenzialità nel corso del XX secolo grazie al fordismo-taylorismo, alla catena di montaggio, al consumismo, al marketing, prima negli USA, poi nel resto dell’Occidente.

L’Italia semidistrutta dopo la seconda guerra mondiale, conobbe una impetuosa crescita economica, grazie alla volontà di riscatto e di lavoro del popolo e grazie ai capitali USA che hanno consentito l’esplosione del consumismo nel nostro Paese.

Il consumismo ha fatto crescere la “classe media”, in tutto l’Occidente. La classe media ha mantenuto al potere per 60 anni (1945-2005) una classe politica sostanzialmente moderata, che ha garantito più o meno stabilità, discreto benessere e prospettive per il futuro.

Ma il giocattolo si è rotto, a cominciare dal crollo della bolla speculativa delle “dot.com” (anno 2000), cioè le potenti aziende che erano cresciute a dismisura grazie al World Wide Web, esploso in tutto il mondo dal 1995.

500 anni di geopolitica e di crescita dell’economia mondiale (dal 1492, “scoperta dell’America”), improvvisamente subivano uno stop. Pochi anni dopo (2007-2008), nuovo crollo di borsa, ancora più devastante, a seguito del fallimento della banca Lehman Brothers e dello scandalo dei “mutui subprime”.

Il crollo del muro di Berlino del 1989 aveva fatto pensare a una età dell’oro, con i crollo del comunismo sovietico.

Invece dal 1990 si partì con le DELOCALIZZAZIONI produttive verso l’est-Europa e la Cina PRC(People’s Republic of China).

Questa è stata l’idea più idiota che possa aver avuto il sistema capitalistico mondiale, il tutto per recuperare margini di profitto e risparmiare sulla manodopera. Siccome la redditività media delle imprese andava via via calando (a causa della saturazione dei mercati), hanno pensato : andiamo a produrre in Cina, dove gli operai costano un decimo, e guadagniamo soldi a palate.

“Ottima scelta”……..

Nel breve periodo certamente le imprese occidentali hanno recuperato margini di guadagno, ma nel medio-lungo periodo cosa abbiamo ottenuto?

  1. Abbiamo trasferito tecnologia ai cinesi; per realizzare fabbriche in Cina, il locale Partito comunista ha imposto la realizzazione di aziende compartecipate al 50% dallo stato o da privati cinesi. Nel giro di pochi anni abbiamo consentito ai cinesi di recuperare lo scarto tecnologico che avevano accumulato. Dal 1990 al 2020 la PRC ha raggiunto e superato l’Occidente, dal punto di vista della capacità produttiva, ed è la seconda nazione più potente al mondo, solo recentemente sembrerebbe superata dall’India per popolazione. OTTIMA SCELTA! (ora la PRC ha dichiarato guerra all’Occidente per interposta persona > Putin)
  2. Delocalizzando le produzioni occidentali verso oriente, abbiamo massacrato la classe media. Se non ci sono più le fabbriche, OVVIAMENTE ci saranno sempre meno operai, impiegati, addetti ai servizi (il famoso “terziario”), commerci. Molti “scienziati” dell’economia ci hanno ammorbato per anni con il termine “società post-industriale”, dove gli occidentali avrebbero vissuto nel benessere di una società automatizzata da robot ed intelligenze artificiali, a godersi il tempo libero. Peccato che non sia andata così: il “combinato disposto” automazione+delocalizzazioni sta creando sempre più disoccupati e demansionamento dei “colletti bianchi”, che vengono ricacciati verso il proletariato.

E se stiamo ammazzando la classe media, stiamo anche ammazzando quel poco di democrazia che resta nel mondo.

La parabola economica e democratica degli USA rappresenta bene quello che sta accadendo nel mondo.

Gli USA erano i vincitori della Seconda guerra mondiale e ne sono usciti come potenza globale. Mentre fronteggiavano l’Unione sovietica, hanno imposto il loro modello economico al resto dell’Occidente (e non solo).

L’ “american way of life”, lo stile di vita “americano”, era quello che campeggiava nelle pubblicità televisive, nei rotocalchi, nel cinema, nei libri, in tutti i media.

Anche in Italia il modello da perseguire era quello della famigliola felice, con il marito e padre che lavorava duramente tutta la settimana per portare lo stipendio a casa, la moglie che accudiva casa, figli (possibilmente almeno un maschio ed una femmina) e preparava gustosi manicaretti per il marito che tornava stanco la sera a casa. Casa comprata col mutuo e automobile (la FIAT 600) acquistata a rate o con le cambiali. Tutto perfetto, fino al 1968-1969.

Proteste studentesche prima, proteste operaie dopo (per avere salari più dignitosi) rompono il giocattolo del “boom economico”. Si crea una forte conflittualità tra operai e imprenditori. La classe media (impiegati, operai specializzati, piccoli commercianti, artigiani, agricoltori benestanti) comincia ad accusare i primi colpi, ma resiste bene per tutti gli anni ’70 e ’80 dello scorso secolo.

Lo stesso accade, più o meno negli USA, con le proteste per la guerra in Vietnam e gli avvenimenti che si sono succeduti. Il periodo 1950-2000 rappresenta per gli USA ( e per il resto dell’Occidente) quello di maggior benessere.

I già citati crolli di borsa del 2000 e del 2008, con la delocalizzazione feroce delle fabbriche USA degli stati del nord (ora chiamata “Rust belt”, la fascia della ruggine), la chiusura delle miniere e degli impianti siderurgici, e l’impoverimento degli operai che costruivano le autovetture (orgoglio statunitense) hanno profondamente segnato l’inizio del nuovo millennio.

La chiusura o il trasferimento delle fabbriche del nord degli USA, la massiccia automazione delle campagne e degli uffici, la forte immigrazione di sudamericani in cerca di fortuna, hanno drasticamente ridotto il benessere e la visione di futuro di decine di milioni di statunitensi (e ribadisco statunitensi; gli americani sono gli abitanti di tutta l’America, che va dal Canada alla Terra del fuoco).

Se si aprono i giornali oggi, si legge che l’economia USA va benissimo, disoccupazione al minimo, tutto ok. Ma è una falsa impressione; l’economia sta andando bene, trainata dai colossi del web e della intelligenza artificiale (posizionati quasi tutti in California e nella costa pacifica degli USA), che però stanno licenziando per massimizzare i profitti.

L’economia USA è trainata anche dall’industria militare che fa affari d’oro con tutte le emergenze scoppiate negli ultimi due anni (Ucraina, Gaza e non solo) e soprattutto dalla finanza, di cui gli USA detengono sempre i cordoni delle borse.

L’economia USA sta andando bene anche perché lo stato federale ha INONDATO DI INCENTIVI i mercati interni (si parla di 5mila miliardi di dollari negli ultimi 4 anni); soldi pubblici vuol dire INDEBITAMENTO STATALE, e prima o poi qualcuno dovrà ripianare i debiti (in Italia conosciamo bene la questione).

Ma di tutta questa presunta ricchezza beneficiano sempre meno persone; i ricchi diventano sempre più ricchi, mentre ceto medio e ceti più bassi si impoveriscono sempre più.

E cosa fanno i cittadini USA impoveriti e preoccupati per l’arrivo dei migranti sudamericani? Votano Donald Trump, che, cristianamente (?!?) li proteggerà e li difenderà da coloro che vogliono mettere in discussione “l’american way of life”. MAGA: make America great again.

E come negli USA, lo stesso sta avvenendo in Europa; invece dei sudamericani, i furbi esponenti della destra europea aizzano i cittadini contro gli africani ed asiatici che stanno “invadendo” l’Europa. Il calo demografico che affligge il nostro continente (non tiriamo in ballo la solidarietà e la fraternità cristiana) dovrebbe indurci ad accogliere i migranti per farli lavorare, con salari dignitosi, nelle nostra campagne e nelle nostre (poche) fabbriche, invece LI LASCIAMO AFFOGARE IN MARE.

Le destre di tutto il mondo stanno ulteriormente restringendo gli spazi di democrazia. La probabile vittoria di Donald Trump alle prossime presidenziali USA darà il colpo di grazia definitivo alla democrazia nel mondo.

E non potremo più contrapporre i “valori” di democrazia e libertà alle nazioni che vogliono invece imporre il loro modello autoritario(Russia, Cina PRC e molti altri).

Dobbiamo decidere cosa fare da grandi, se abboccare a tutte le fandonie che vengono messe in giro per abbindolare gli sprovveduti, oppure leggere, informarci, studiare la storia e la geografia (indispensabili per comprendere il presente e per progettare il futuro).

La democrazia, può essere fallace ed imperfetta, ma garantisce la nostra libertà; essa va difesa ogni giorno, i nostri padri ed i nostri nonni hanno combattuto per essa. Nulla è scontato, viviamo in tempi di grandi cambiamenti.

In Europa abbiamo vissuto in pace per diversi anni (non ottanta come dice qualcuno, dimenticando le feroci guerre della ex-Jugoslavia), ma oggi una minaccia incombe dall’Oriente.

L’Occidente ha le sue responsabilità, per avere dominato brutalmente il mondo per secoli attraverso il colonialismo ed il neo-colonialismo, ma il modello proposto da Russia e Cina PRC non è certamente migliore.

Sembra che stiamo vivendo in una nuova guerra fredda che contrappone Est con Ovest. Ma in realtà il vero confronto è tra nord del mondo ricco e sud povero. Un miliardo di benestanti (lo chiamano il “golden billion”) contro 7 miliardi di persone che chiedono libertà, diritti, salari dignitosi, cure mediche; e che chiedono soprattutto di vivere in pace.

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