Quale 2023?

Una notizia buona (ma anche cattiva) ed una notizia molto cattiva.

La notizia buona è che l’inverno mite (fino a metà gennaio 2023) ha contribuito al crollo delle quotazioni del gas (ma spinge in avanti la catastrofe climatica) e quindi priva Vladimir Putin di importanti risorse economiche per la sua folle guerra.

La notizia molto cattiva riguarda sempre la guerra in Ucraina, che non sembra rallentare; anzi, probabilmente ci sarà una crescita delle ostilità, in quanto nessuno dei due avversari può fare marcia indietro, al punto in cui siamo.

La guerra in Ucraina è diventata purtroppo uno scontro di civiltà tra Oriente e Occidente, tra (pseudo) democrazie e dittature (Russia, Cina-PRC, Iran, Corea del nord).

Altro che “guerra fredda”. Qui siamo alla resa dei conti finale, con imprevedibili conseguenze. La Russia dispone ancora di armi, munizioni e risorse umane superiori a quelle dell’Ucraina ed ha dalla sua parte il fattore tempo. Putin e i suoi sodali confidano che nel lungo periodo la compattezza del “fronte occidentale” (USA + Europa) vada sfaldandosi.

E’ triste scriverlo, ma dobbiamo continuare a fornire armi all’Ucraina ed il livello dello scontro sarà sempre più elevato, fino a quando uno dei due fronti comincerà a cedere.

La Russia non guarda solo all’Ucraina; nel suo delirio imperiale, essa è ancora ben presente in Siria (che ha fornito alla Russia una importante base navale), e sta incrementando la sua presenza in Africa, attraverso le truppe mercenarie del Gruppo Wagner.

Povera Africa. Non c’è pace per questo continente. Dopo secoli di colonialismo europeo, nel XX secolo si sono avvicendati anche USA e URSS (poi Russia) nella spartizione delle sue ricchezze minerarie. Da due/tre decenni è molto presente la Repubblica popolare cinese (PRC), che fornisce infrastrutture in cambio di materie prime a molte nazioni africane, ingabbiandole nella “trappola del debito”.

In questi giorni (fine gennaio-inizio febbrario 2023) Papa Francesco si trova proprio in Africa , con una visita alla Repubblica “democratica” del Congo e al Sud-Sudan. Il Papa è uno dei pochi che ci ricorda che il Congo è depredato dal colonialismo: “Giù le mani dall’Africa! Basta soffocare l’Africa: non è una miniera da sfruttare o un suolo da saccheggiare”, così riporta il quotidiano cattolico Avvenire sulla prima pagina di mercoledi 1 febbraio 2023.

Purtroppo l’economia contemporanea è ancora impostata sullo sfruttamento sistematico delle risorse naturali e delle risorse umane del sud del mondo e sarà difficile che qualche governo o multinazionale raccolga l’appello del Papa.

Lo scorso fine settimana la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni era in Libia, per parlare di affari (petrolio e gas) e immigrazione. Ha detto che dobbiamo impostare con l’Africa una “collaborazione non predatoria”, ammettendo implicitamente che fino ad oggi c’è stato un atteggiamento predatorio. In particolare in Libia abbiamo responsabilità dirette, essendo stata la Libia per quasi 40 anni una colonia italiana (dal 1911 alla fine della seconda guerra mondiale).

In breve, l’anno 2023 si è aperto senza grosse positività per il futuro, con la guerra in Europa che sta peggiorando e rischia di trascinare dentro anche altre nazioni. Pare che la Repubblica popolare cinese (PRC) si stia riprendendo dalla profonda crisi generata da Covid-19, ma con tassi di crescita assai inferiori a quelli degli ultimi trent’anni. E se la PRC cresce poco, lo stesso accadrà al resto del mondo.

Gli Stati uniti d’America, come sempre, pensano (quasi) esclusivamente ai loro affari e stanno riportando in patria diverse produzioni. Con almeno un decennio di ritardo, si è capito che le delocalizzazioni non potevano andare avanti all’infinito, specialmente con i costi crescenti della logistica, l’aumento dei salari in PRC ed i rischi geopolitici per le catene di fornitura, messi in luce dalla pandemia Covid-19 e dalla guerra in Ucraina.

L’Europa, come sempre, resta un gigante economico ma un nano politico, dilaniata dalle diverse posizioni economiche e politiche degli stati che la compongono.

Pare che a breve il World Wide Web cambierà pelle. Le sempre più stringenti normative europee impongono alle aziende di informare gli utenti/clienti di quali dati sono in loro possesso.

E l’intelligenza artificiale (AI) è sempre più “intelligente” (vedi ChatGPT).

Ma la società non riesce a stare dietro alla tecnologia. A livello socio-economico stiamo regredendo, stiamo tornando a 100 anni fa, quando la classe media era ancora insignificante. Riscontriamo un “analfabetismo di ritorno”, laddove il saper “leggere, scrivere e far di conto” non solo non è più sufficiente nella società dell’informazione, ma rischia di essere “atrofizzato” dalle applicazioni e dagli algoritmi. Chi farà più i compiti a casa, quando basterà chiedere a ChatGPT? Molti giovani non sanno più scrivere a mano, figuriamoci fare una divisione aritmetica senza la calcolatrice.

Per concludere, la catastrofe climatica avanza inesorabile, i fenomeni “estremi” sono sempre più frequenti. In Italia abbiamo sempre meno neve sulle Alpi, i ghiacciai si stanno sciogliendo, il fiume Po ed i suoi affluenti sono sempre più in secca, stagioni sempre più calde e nubifragi (ormai uragani) sempre più frequenti. Occorre porre in essere delle modifiche ai nostri stili di vita, e, nel breve periodo, rendere più resistenti le nostre case alle alluvioni.

Comunque, fedeli alla massima “pessimismo della ragione, ottimismo della volontà”, confidiamo che gli esseri umani abbiano ancora in serbo qualche risorsa per venire fuori dal pantano in cui ci siamo cacciati.