UN INVERNO DURISSIMO

Fine agosto 2022.

Alla radio parlano di scioperi dei portuali in Gran Bretagna e di agitazioni in Germania, a seguito dei rincari dei prodotti e delle bollette, con una inflazione europea intorno al 10%.

Nel periodo 2000-2020 abbiamo vissuto in un contesto mondiale relativamente stabile dal punto di vista dell’inflazione e, escludendo la grave crisi finanziaria del 2007-2008, in un contesto di relativa tranquillità dei mercati (nessuna pace, visto che nel frattempo c’è stata la guerra in Afghanistan – dal 2001 al 2021, la guerra in Iraq – nel 2003, la guerra civile in Yemen, la guerra del Donbass in Ucraina e l’annessione russa della Crimea del 2014, ecc.ecc.).

Per i successivi due anni (da inizio 2020 a inizio 2022) abbiamo vissuto (e ancora viviamo) sotto l’incubo della pandemia Covid-19. A fine 2021 sembrava che l’economia mondiale fosse in ripresa.

Dal 24 febbraio 2022 l’Europa ed il mondo sono in subbuglio a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

I prezzi delle materie prime erano già in risalita a fine 2021, a seguito della ripresa della domanda mondiale. Dal febbraio 2022 i prezzi del gas metano e del petrolio sono saliti in modo eccessivo (in particolare quelli del gas), in quanto i russi aprono e chiudono i rubinetti dei loro gasdotti a loro piacimento, per rispondere alle sanzioni che la comunità occidentale ha loro imposto.

La guerra contro l’Ucraina è diventata una guerra di Russia (e Repubblica popolare cinese – PRC) contro l’Europa, gli USA e l’occidente. Molti paesi asiatici ed africani si tengono fuori dalla contesa, vuoi per convenienze economico-politiche vuoi per un ancestrale risentimento verso gli antichi colonizzatori (gli europei), quando non parteggiano per la Russia.

Non bisogna essere laureati in scienze politiche internazionali per capire che la guerra in Ucraina, essendo diventata uno scontro di civiltà, andrà avanti per le lunghe, con sommo cordoglio per le migliaia di morti militari e civili sopportati dall’Ucraina, che combatte anche per noi (europei).

Questa guerra ha sconvolto l’economia mondiale, riportandola a 50 anni indietro, quando sempre per gli stessi motivi (la guerra) l’inflazione negli anni ’70 dello scorso secolo cominciò a salire vertiginosamente in tutto il mondo, dopo il boom economico degli anni ’50 e ’60.

Prepariamoci a mesi (anni) difficili.

L’aumento di gas (e petrolio) ha innescato aumenti dei prezzi di quasi tutti i prodotti finiti, il blocco dei porti del Mar Nero anche quelli dei cereali e dei semilavorati russi ed ucraini (e di altre produzioni). Ovviamente le aziende occidentali di trasformazione delle materie prime scaricano gli aumenti sui loro prodotti finiti, generando ulteriori aumenti che si scaricano sul cliente finale, cioè noi cittadini.

E poi, come accade da tempi immemorabili, quando l’inflazione comincia a salire , ci sono sempre i soliti furbi che aumentano comunque i prezzi dei loro prodotti/servizi (anche senza giustificazioni) , cercando di speculare nel caos generale.

Ovviamente si viene a creare una spirale negativa perversa, un circolo vizioso che fa perdere il potere di acquisto di salari e pensioni, che spinge verso il malcontento generale ed eventuali proteste di piazza.

Niente di nuovo sotto il sole.

Il problema è che abbiamo a disposizione una classe dirigente e politica, sia a livello europeo che a livello nazionale, di assai basso livello, assolutamente non in grado di dare risposte convincenti alla crisi.

Anche a livello mondiale non stiamo messi molto bene. Tolto l’invasore Putin (no comment)

  1. il suo sodale Xi Jinping è impegnato nelle beghe di casa sua tra lockdown, bolla immobiliare, siccità e crisi energetica
  2. il resto dell’Asia è colpito dalle ricadute della guerra in Ucraina e della crisi di Taiwan
  3. gli USA non stanno messi benissimo, tra un presidente Biden piuttosto offuscato ed in crisi nei sondaggi ed il golpista Donald Trump alle prese con le indagini di FBI sui suoi crimini fiscali (con il rischio di una guerra civile)
  4. l’Africa è una polveriera pronta a esplodere, tra crisi climatica, siccità, fame, guerre, grandi migrazioni
  5. il sud America è alle prese con la rielezione del presidente del Brasile, principale nazione del sub-continente

Per decenni le istituzioni europee hanno parlato di “sicurezza degli approvvigionamenti energetici”. Tonnellate di aria fritta. Il 24 febbraio 2022 abbiamo scoperto che la Germania dipendeva per più del 50% dei suoi approvvigionamenti energetici dalla Russia (l’Italia 40% per il gas). COMPLIMENTI PER LA SCELTA.

In tutte le scuole di gestione aziendale (e lo sanno tutti gli imprenditori) si insegna che non bisogna MAI legarsi ad un solo grande fornitore o dipendere da un solo grande cliente. Questo è molto pericoloso. Invece i dirigenti tedeschi (ed europei) hanno dimenticato questa basilare regola dell’economia, dimostrando una assoluta incompetenza.

Per anni abbiamo criticato la classe politica italiana (e giustamente continuiamo a farlo), ma la classe politica straniera non sembra affatto migliore. Da un branco di incompetenti è difficile aspettarsi risposte positive alla drammatica situazione che stiamo vivendo.

Da qualche mese (da febbraio scorso fino ad oggi) l’Unione europea sembra abbastanza coesa nelle sue decisioni nei confronti della Russia. Ma cosa accadrà questo autunno e questo inverno, quando la crisi economica dovuta all’inflazione manifesterà tutti i suoi effetti?

L’Ungheria ha già dimostrato di essere filo-Putin, quindi cominciamo a toglierla dalla lista. Le nazioni baltiche, la Finlandia, la Polonia, la Repubblica ceca e la Slovacchia confinano con la Russia ed hanno un atteggiamento più determinato. Spagna, Portogallo, Francia, Italia, Benelux, potrebbero seguire strade diverse.

Riusciranno gli europei a capire che difendere l’Ucraina e contrastare la Russia è diventata una questione di vita o di morte?

E che dire dell’ Italia, che il 25 settembre 2022 dovrà darsi un nuovo Parlamento ed un nuovo governo ? L’80% dei partiti politici italiani è populista (nel senso che fa promesse coi soldi pubblici, aggravando il già pesante debito nazionale). Molti politici promettono che abbasseranno le tasse ed aumenteranno i contributi a favore dei cittadini. Come è possibile farlo, se l’economia sta entrando in recessione e quindi ci saranno meno entrate fiscali?

Nessun politico ci dice che quest’inverno dovremo fare qualche sacrificio, per paura di perdere qualche voto.

MA SIAMO IN GUERRA, e quando si è in guerra DOBBIAMO TUTTI FARE SACRIFICI. Gli Ucraini stanno SACRIFICANDO LE LORO VITE; a noi si chiede SOLO di abbassare i termostati per avere meno freddo d’estate e meno caldo d’inverno, usare meno l’automobile e magari rinunciare a qualche week-end in una capitale europea.

Durante la Seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna stava per essere distrutta ed invasa dalla Germania, ma Winston Churchill riuscì a spronare i suoi compatrioti che seppero resistere alle orde naziste ; poi, con l’aiuto degli Stati uniti d’America e delle altre nazioni alleate, i britannici riuscirono a sconfiggere i tedeschi.

In Italia ed in Europa purtroppo non si vede all’orizzonte un solo politico in grado di fare altrettanto; Angela Merkel, personaggio politico di livello europeo che ha diretto la Germania per più di tre lustri, aveva una forte credibilità internazionale: peccato che sia stata proprio lei a legare mani e piedi della Germania al gas russo (con la complicità dell’ex-cancelliere Gerard Schroeder, passato a libro paga dei russi – vedere alla voce Gazprom).

I sacrifici che dobbiamo fare oggi per far fronte alla guerra in Ucraina serviranno anche, e soprattutto, per abituarci al nuovo ordine mondiale che sta emergendo dalle ultime crisi internazionali.

Manca, a livello europeo, una classe dirigente e politica che dica chiaramente a 500 milioni di cittadini che la festa è finita; abbiamo vissuto per 60 anni nel benessere (1960-2020), ed ora stiamo mettendo in discussione la nostra ricchezza.

Prima di mangiarci tutto il patrimonio accumulato, dobbiamo velocemente rivedere i nostri stili di vita. Ma se (quasi) nessuno ne parla, sarà dura.

In realtà già nel 1977, Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito comunista italiano, parlava di austerità. Ma non era l’ austerità proposta dalla Commissione europea in anni recenti, cioè l’austerità dei conti pubblici nazionali.

L’austerità di Berlinguer era

  1. lotta al consumismo (che già allora mostrava i primi segni di decadimento)
  2. la ricerca di valori umani e di convivenza civile in opposizione alla cultura dello shopping
  3. la ricerca di un diverso rapporto tra nord e sud del mondo
  4. lotta agli sprechi ed alle ruberie di una classe politica corrotta

Berlinguer aveva capito, 45 anni fa, che il boom economico era già finito, che dovevamo passare da una economia lineare che sfrutta il sud del mondo (e la natura mondiale) ad una economia circolare in armonia con l’ambiente, che il benessere non era avere l’automobile (o altri beni materiali) ma la consapevolezza di partecipare alla costruzione di una società migliore.

Nessuno vuole tornare alla carrozza trainata dal cavallo e all’illuminazione a lume di candela.

Riconosciamo alle rivoluzioni industriali i benefici tecnologici di cui godiamo oggi (non tutti ne godiamo, solo il nord del mondo; nel sud del mondo molto resta ancora da fare), ma sappiamo anche che questo modello economico mondiale non funziona più. Non si può crescere all’infinito in un mondo finito.

Sul pianeta Terra abbiamo raggiunto l’ impressionante cifra di 8 miliardi di abitanti e cresciamo ogni anno di 75/80 milioni di unità (tutte concentrate in India, paesi limitrofi e nel sud del mondo).

Così continuando, saremo costretti a fare le guerre anche per l’acqua (oltre a quelle per il petrolio ed il gas, già incominciate) e per accaparrare terreni fertili (come si fa dalla notte dei tempi).

Quale futuro vogliamo per noi, per i nostri figli ed i nostri nipoti?

Smettiamola di vivere pensando solo all’oggi.

E’ MORTO PIERO ANGELA

Sabato 13 agosto 2022 è morto a Roma Piero Angela. Aveva 93 anni .

E’ stato un grande divulgatore scientifico, nonché uno dei primi giornalisti dei telegiornali RAI.

Nel commemorare Piero Angela, hanno detto che era un uomo sobrio. Mi sembra l’aggettivo più adatto per descriverlo. Era un uomo sobrio, asciutto, grande comunicatore, molto razionale, forse razionale fino all’estremo. Era talmente razionale che aveva contribuito a fondare il CICAP, allora Centro italiano per il controllo sulle attività del paranormale (ora la P finale significa pseudoscienze).

Ho letto tre suoi libri: Da zero a tre anni , Garzanti 1977 (seconda edizione); Quark economia, Garzanti 1990; La sfida del secolo (con Lorenzo Pinna), Mondadori 2006.

Nel primo libro Piero Angela ci spiegava “come nasce (o si spegne) l’intelligenza”, sottotitolo del libro. Undettagliato racconto sullo sviluppo del cervello di un bambino, dalla pancia della madre fino ai tre anni di vita. I primi tre anni, dove vengono gettate le fondamenta per la personalità dell’essere umano.

Nel secondo libro, Piero Angela ci portava dentro i meccanismi dell’economia “per capire un mondo che cambia”, sottotitolo del libro. Spiegato, come solo Piero Angela era capace di fare, in modo semplice e chiaro. E lanciando sferzate verso il mondo dell’imprenditoria e della politica, mondi incapaci di affrontare gli annosi problemi dell’Italia, come “Il famigerato debito pubblico” (titolo del capitolo X, pagina 132), oppure “Scuola e dintorni” (capitolo XIII, pagina 176). In questo ed in altri libri spesso Piero Angela ha ricordato quanto sia importante il merito, in qualsiasi società; in Italia la meritocrazia è quasi sconosciuta.

Il libro si conclude con il seguente periodo: “un paese è moderno non solo perché ha dei computer o dei robot, ma soprattutto perché ha un tessuto culturale che gli consente di fare delle scelte coerenti”. Lui si è battuto per decenni per migliorare il tessuto culturale italiano.

Il terzo libro, La sfida del secolo, tratta di uno dei temi più importanti, specialmente oggi: quello dell’energia (sottotitolo: 200 domande sul futuro dei nostri figli). Piero Angela ci illustrava le varie fonti energetiche, ma, come spesso usava fare, andando oltre l’argomento.

Ci ha fatto capire quanto è stata importante l’energia per lo sviluppo sociale, tecnologico ed economico, in particolare degli ultimi tre secoli, mentre siamo passati dall’uso della legna e del carbone, allo sfruttamento del petrolio e del gas naturale, fino ad arrivare all’energia nucleare per produrre elettricità.

E quanto sia stata fondamentale l’energia per la liberazione dell’essere umano dalla fatica fisica: oggi sembra normale e scontato possedere ed utilizzare una lavabiancheria, ma fino a 70 anni fa in Italia non era affatto normale e bisognava lavare i panni a mano. E senza energia elettrica la lavabiancheria NON funziona. In particolare Angela rimarcava quanto le fonti energetiche abbiano contribuito, in particolare nel XX secolo, alla “emancipazione femminile”.

Senza elettricità, no lavabiancheria, no lavapiatti, no aspirapolvere, no frigorifero, che hanno fortemente contribuito a liberare le donne (e anche gli uomini, quando fanno la loro parte) dalla schiavitù del lavoro domestico. L’avvento dell’automobile ha poi consentito più libertà di movimento: e le automobili funzionano con i combustibili fossili.

Se la classe dirigente e la classe politica del nostro Paese avessero applicato solo il 10% delle proposte di Piero Angela, l’Italia sarebbe una nazione assai migliore, con molti meno problemi.

Invece la classe politica italiana si mette a “titillare più le emozioni degli elettori che la loro razionalità” (ultima pagina del libro “Quark economia”).

Agosto 2022, in Italia siamo in piena campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento, che avverrà domenica 25 settembre 2022. Nel frattempo si continua a combattere in Ucraina e il mondo resta col fiato sospeso per quanto accade a Taiwan.

I partiti populisti (l’80-90% del totale) ci stanno inondando di promesse, in larga parte irrealizzabili, che prevedono, tanto per cambiare, un aggravio del debito pubblico italiano. A farsi eleggere, promettendo mari e monti, siamo capaci tutti: meno tasse, più pensioni, un pollo arrosto al giorno per tutti, un par de scarpe nove (come accadeva a Napoli nel secondo dopoguerra) e m’accompagno da mé (come cantava Nino Manfredi).

Ovviamente se i politici promettono e il popolo abbocca, la colpa è anche del popolo che abbocca . Un popolo semianalfabeta di ritorno , nonostante diplomi e smartphone in tasca. Un popolo capace di leggere, scrivere e far di conto, ma incapace di “distinguere il grano dal loglio” (Vangelo secondo Matteo, capitolo 13, versetti da 24 a 30).

Piero Angela era un illuminista, un seguace della razionalità umana, un uomo laico che con la sua voce suadente ci ha insegnato un sacco di cose; il figlio Alberto ha preso dal padre gli stessi modi garbati e anch’egli è un grande comunicatore.

L’Italia scassata ed approssimativa di oggi ha grande bisogno di persone come Piero Angela. Molti italiani ancora vivono sulle glorie del passato (dall’impero romano, fino al Rinascimento e al Risorgimento). Qualcuno (anche qualche ministro della Repubblica) ci ricorda che siamo la settima potenza economica mondiale, anche se questo primato è ormai insidiato dalle potenze emergenti come l’India o il Brasile.

Siamo la settima potenza considerando il prodotto interno lordo, ma abbiamo uno dei debiti pubblici più grandi al mondo (sempre in rapporto al PIL, non in termini assoluti). Il nostro debito pubblico deriva dai nostri comportamenti: un popolo di cicale che pensa solo all’oggi, un popolo che si fa corrompere da una classe politica di infimo livello, la quale si preoccupa solo di perpetuare sé stessa elargendo soldi pubblici in cambio di voti (si chiama voto di scambio, ed è penalmente perseguibile). Risultato: 2700 miliardi di Euro di debito pubblico (circa il 150% del PIL) che impedisce a qualsiasi governo di assumere poliziotti o vigili del fuoco, di mettere in sicurezza le scuole, di costruire nuovi ospedali e di assumere medici ed infermieri.

Anche di questo spesso ha parlato Piero Angela, nel menefreghismo generale. Oggi tutti lo compiangono, ma in pochi hanno messo a frutto i suoi insegnamenti.

Un saluto al grande Piero Angela, dovunque egli sia. E se esiste un aldilà, che da lì egli protegga la nazione italiana, perché “mala tempora currunt”………..

FAME: UN DISASTRO CREATO DAGLI ESSERI UMANI

Questo era il titolo di un libricino di qualche anno fa. In realtà il titolo era “Fame, un disastro creato dall’uomo?”, ma da anni ho sostituito il sostantivo “uomo” con quello di “essere umano” (quando si riferisce alla specie umana), che comprende tutti i generi.

Il Corriere della Sera pubblica, nel corso della settimana, vari allegati; uno di questi esce il martedì e si chiama “Buone notizie”. A pagina 14 di Buone notizie di martedi 26 luglio 2022 c’è un articolo a firma di Jacopo Storni, intitolato “Niente più fame entro il 2030? Un sogno ONU diventato un incubo”. Fame zero entro il 2030 è uno dei 17 obiettivi ONU. Che non verrà per nulla raggiunto.

Nell’articolo si spiega che il 10% dell’umanità soffre la fame, percentuale cresciuta e non diminuita negli ultimi anni.

Sicuramente la catastrofe climatica incide su questo. Sicuramente le guerre nel sud del mondo incidono (e anche la guerra Russia-Ucraina incide). Sicuramente la pandemia Covid-19 ha inciso.

Ma la fame nel mondo c’era anche prima del 2020, prima di Covid-19, prima della guerra Russia-Ucraina.

Diciamo come stanno le cose. La fame nel mondo è un problema che non interessa quasi a nessuno. Interessa forse al 10-20% degli abitanti ricchi del nord del mondo, interessa alle associazioni e alle organizzazioni che raccolgono fondi e cercano di fare qualcosa in Africa e in Asia. Interessa alla FAO, organismo delle Nazioni unite, anche se, visti i risultati, la FAO più che alla fame nel mondo sembra più interessata alla fame (agli stipendi) dei propri dipendenti, funzionari e dirigenti.

La fame nel mondo è un problema strutturale che nasce da lontano. Facciamo riferimento all’Africa, dove il fenomeno è più grave e atavico.

Fino a cento anni fa le nazioni africane erano sempre povere, ma meno povere di oggi, nel senso che , grazie alla coltivazione di cereali e vegetali locali, frutto di esperienze millenarie, la popolazione era più o meno in grado (salvo calamità naturali straordinarie) di nutrirsi e dare sostentamento alle famiglie.

Nel corso di cinquecento anni di colonialismo europeo, le terre coltivabili sono state in parte riconvertite a monocolture (come zucchero, cacao, caffé) per soddisfare i bisogni delle nazioni colonizzatrici. I piccoli appezzamenti di terra che consentivano alle famiglie la coltivazione di cereali/tuberi/vegetali destinati al loro nutrimento, sono stati lentamente confiscati e/o depredati dalle oligarchie locali, dai coloni e dalle grandi multinazionali per coltivare le sopracitate monocolture da esportazione.

Negli ultimi decenni il fenomeno ha preso un nome preciso: LAND GRABBING (accaparramento delle terre).

Il colonialismo ha creato nei secoli centinaia di milioni di poveri, ma almeno essi, fino a qualche decennio fa, potevano sostenersi e non morivano di fame.

Negli anni ’60 del XX secolo è iniziata la “decolonizzazione” dell’Africa. Decolonizzazione solo di facciata. Molte nazioni hanno combattuto guerre sanguinose per liberarsi dal giogo straniero; un esempio a noi vicino, quello dell’Algeria.

Altre nazioni hanno raggiunto l’indipendenza senza eccessivi spargimenti di sangue. Ma c’è un motivo, niente avviene per caso.

Le nazioni europee colonizzatrici, come ad esempio la Francia, hanno ritenuto più conveniente riconoscere una FORMALE indipendenza alle loro colonie, mantenendo saldamente nelle loro mani le leve finanziarie ed economiche di quelle nazioni, posizionando al potere dei dittatori-fantoccio che hanno sempre e comunque fatto gli interessi delle nazioni ex-colonizzatrici.

Questa è la vera disgrazia per l’Africa e si chiama NEOCOLONIALISMO.

Questa parola è stata praticamente cancellata dal vocabolario, se ne parla pochissimo, perché parlarne significa rievocare quanto scritto fino ad ora.

Invece di supportare le nazioni africane, fornendo loro formazione, un vero supporto finanziario, veri aiuti allo sviluppo, stimolando una vera democrazia , si preferisce fornire ELEMOSINA, sotto forma di qualche sacco di cereali da distribuire quando ci sono le carestie (magari lanciato da un aereo “per non sporcarsi le mani”), qualche ospedale e qualche scuola qua e là, qualche infrastruttura di poco conto.

Anche le famose ONG (organizzazioni non governative) , si rendono (volontariamente o meno) complici di questa elemosina. Intendiamoci, la stragrande maggioranza dei volontari che opera in Africa lo fa in perfetta buona fede e con le migliori intenzioni, ma si diceva una volta: se una persona ha fame e gli dò un pesce, con quel pesce ci mangia solo un giorno; SE GLI INSEGNO A PESCARE, QUELLA PERSONA MANGIA PER TUTTA LA VITA.

Invece di “insegnare a pescare” agli africani, gli diamo un pesce e ci puliamo la coscienza. Anche la Chiesa cattolica dovrebbe fare di più e meglio: il nome “CARITAS” non aiuta. Gli africani non hanno bisogno di carità e di elemosina: hanno bisogno che noi ricchi del nord del mondo smettiamo di depredarli delle loro risorse minerarie, agricole ed umane.

Un esempio per tutti: la Repubblica “democratica” del Congo potrebbe essere una delle nazioni più ricche del mondo, e con essa anche tutti i suoi abitanti. Peccato che tutte le favolose ricchezze minerarie sepolte sotto terra e sotto le montagne congolesi finiscano nelle tasche dei dittatori locali, dei loro amici e parenti, dei signori della guerra locali e delle multinazionali minerarie che estraggono tali ricchezze. Multinazionali europee, americane, russe, cinesi, turche, israeliane e di altre nazioni del nord del mondo. Alla popolazione arriva poco o nulla. Si è parlato qualche tempo fa della Repubblica “democratica” del Congo, a seguito dell’omicidio dell’ambasciatore italiano Attanasio, del carabiniere a sua scorta e del loro autista africano. Poi, più nulla.

E allora basta con questi ipocriti articoli di giornale o servizi televisivi, in cui si parla genericamente della fame nel mondo, senza andare a fondo della questione.

E basta anche con la pubblicità offensiva di alcune associazioni (anche italiane), che, per raggranellare qualche donazione, fanno vedere in televisione i bambini africani denutriti, bambini scheletrici che vediamo da 50 anni, senza riscontro alcuno; peraltro il codice di autodisciplina pubblicitaria VIETA di mostrare al pubblico immagini scioccanti.

Nel XX secolo il mondo si è massacrato nella lotta tra capitalismo e comunismo.

Il XXI secolo invece vede lo scontro epocale tra nord ricco del mondo contro il sud povero, ben sintetizzato dalla posizione ungherese di Viktor Orbàn: egli si illude di isolarsi ed alzare muri contro l’immigrazione, per restare in un fantasioso giardino dell’Eden fatto solo da persone di pelle bianca.

Peccato che, piaccia o meno, gli esseri umani di pelle bianca sono solo una esigua minoranza: a dire tanto un miliardo di persone su 8 miliardi di abitanti della Terra.

Non bisogna essere degli scienziati per capire che quella di Orbàn è una battaglia persa in partenza. Purtroppo Orbàn ha un certo seguito, molti europei gli vanno dietro in Italia, in Germania, in Austria, in altre nazioni. A chi non piacerebbe vivere in mezzo alle montagne alpine , con tante piccole Heidi, il nonno (bianco) con la barba bianca e le caprette che ci fanno ciao. Ma questo accade solo nei cartoni animati.

I migranti aumenteranno nei prossimi anni, in fuga da siccità, catastrofi climatiche, guerre, fame, malattie, povertà. Vogliamo alzare muri e fili spinati? Vogliamo fare un blocco navale nel Mediterraneo centrale? Vogliamo prendere a cannonate i migranti sui barconi/barchini? Andiamo avanti così e torneremo indietro di 80/90 anni. Piccoli Orbàn crescono e presto andranno al potere.

La storia non si ripete MAI uguale a sé stessa. Ma nubi scure si addensano sull’Europa.

  1. la Russia ha messo fine all’illusione che l’Europa fosse un’oasi di pace
  2. la Turchia di Erdogan vuole ricostituire l’impero ottomano (o quantomeno riacquisire un ruolo centrale nel Medio oriente e nel Mediterraneo orientale)
  3. dall’Africa e dall’Asia milioni di persone premono per poter entrare in Europa
  4. la Repubblica popolare cinese si è infiltrata nell’economia europea, e non per fare beneficenza
  5. in Europa si fanno pochi figli, andiamo incontro ad un “inverno demografico”. Questo apre la porta a quanti paventano la “sostituzione etnica”. Oriana Fallaci minacciava una conquista islamica dell’Europa “dall’interno”: gli immigrati fanno più figli degli europei e quindi tra pochi decenni potrebbero essere la maggioranza. Ma, come scritto sopra, fermare la “Grande Migrazione” sarebbe come fermare il mare con le mani. Dobbiamo affrontare il tema, non contrastarlo.

Tutto questo per dire che il tema “FAME NEL MONDO” è un argomento che deve stare al primo posto nell’agenda dei politici mondiali, ma NON SOLO a parole.

Se non affronteremo l’argomento in modo deciso e concreto, rimuovendone anche le cause storiche, andremo incontro, specialmente in Europa (ma non solo) a tensioni internazionali sempre più crescenti.

Oltre alle crisi di questi giorni (Ucraina, Taiwan) dovremo confrontarci con guerre per l’acqua, guerre per accaparrare terre fertili (come accade dagli albori dell’umanità), guerre per fermare l’”invasione”.

Sta a noi decidere quali strade intraprendere.