Fine agosto 2022.
Alla radio parlano di scioperi dei portuali in Gran Bretagna e di agitazioni in Germania, a seguito dei rincari dei prodotti e delle bollette, con una inflazione europea intorno al 10%.
Nel periodo 2000-2020 abbiamo vissuto in un contesto mondiale relativamente stabile dal punto di vista dell’inflazione e, escludendo la grave crisi finanziaria del 2007-2008, in un contesto di relativa tranquillità dei mercati (nessuna pace, visto che nel frattempo c’è stata la guerra in Afghanistan – dal 2001 al 2021, la guerra in Iraq – nel 2003, la guerra civile in Yemen, la guerra del Donbass in Ucraina e l’annessione russa della Crimea del 2014, ecc.ecc.).
Per i successivi due anni (da inizio 2020 a inizio 2022) abbiamo vissuto (e ancora viviamo) sotto l’incubo della pandemia Covid-19. A fine 2021 sembrava che l’economia mondiale fosse in ripresa.
Dal 24 febbraio 2022 l’Europa ed il mondo sono in subbuglio a seguito dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.
I prezzi delle materie prime erano già in risalita a fine 2021, a seguito della ripresa della domanda mondiale. Dal febbraio 2022 i prezzi del gas metano e del petrolio sono saliti in modo eccessivo (in particolare quelli del gas), in quanto i russi aprono e chiudono i rubinetti dei loro gasdotti a loro piacimento, per rispondere alle sanzioni che la comunità occidentale ha loro imposto.
La guerra contro l’Ucraina è diventata una guerra di Russia (e Repubblica popolare cinese – PRC) contro l’Europa, gli USA e l’occidente. Molti paesi asiatici ed africani si tengono fuori dalla contesa, vuoi per convenienze economico-politiche vuoi per un ancestrale risentimento verso gli antichi colonizzatori (gli europei), quando non parteggiano per la Russia.
Non bisogna essere laureati in scienze politiche internazionali per capire che la guerra in Ucraina, essendo diventata uno scontro di civiltà, andrà avanti per le lunghe, con sommo cordoglio per le migliaia di morti militari e civili sopportati dall’Ucraina, che combatte anche per noi (europei).
Questa guerra ha sconvolto l’economia mondiale, riportandola a 50 anni indietro, quando sempre per gli stessi motivi (la guerra) l’inflazione negli anni ’70 dello scorso secolo cominciò a salire vertiginosamente in tutto il mondo, dopo il boom economico degli anni ’50 e ’60.
Prepariamoci a mesi (anni) difficili.
L’aumento di gas (e petrolio) ha innescato aumenti dei prezzi di quasi tutti i prodotti finiti, il blocco dei porti del Mar Nero anche quelli dei cereali e dei semilavorati russi ed ucraini (e di altre produzioni). Ovviamente le aziende occidentali di trasformazione delle materie prime scaricano gli aumenti sui loro prodotti finiti, generando ulteriori aumenti che si scaricano sul cliente finale, cioè noi cittadini.
E poi, come accade da tempi immemorabili, quando l’inflazione comincia a salire , ci sono sempre i soliti furbi che aumentano comunque i prezzi dei loro prodotti/servizi (anche senza giustificazioni) , cercando di speculare nel caos generale.
Ovviamente si viene a creare una spirale negativa perversa, un circolo vizioso che fa perdere il potere di acquisto di salari e pensioni, che spinge verso il malcontento generale ed eventuali proteste di piazza.
Niente di nuovo sotto il sole.
Il problema è che abbiamo a disposizione una classe dirigente e politica, sia a livello europeo che a livello nazionale, di assai basso livello, assolutamente non in grado di dare risposte convincenti alla crisi.
Anche a livello mondiale non stiamo messi molto bene. Tolto l’invasore Putin (no comment)
- il suo sodale Xi Jinping è impegnato nelle beghe di casa sua tra lockdown, bolla immobiliare, siccità e crisi energetica
- il resto dell’Asia è colpito dalle ricadute della guerra in Ucraina e della crisi di Taiwan
- gli USA non stanno messi benissimo, tra un presidente Biden piuttosto offuscato ed in crisi nei sondaggi ed il golpista Donald Trump alle prese con le indagini di FBI sui suoi crimini fiscali (con il rischio di una guerra civile)
- l’Africa è una polveriera pronta a esplodere, tra crisi climatica, siccità, fame, guerre, grandi migrazioni
- il sud America è alle prese con la rielezione del presidente del Brasile, principale nazione del sub-continente
Per decenni le istituzioni europee hanno parlato di “sicurezza degli approvvigionamenti energetici”. Tonnellate di aria fritta. Il 24 febbraio 2022 abbiamo scoperto che la Germania dipendeva per più del 50% dei suoi approvvigionamenti energetici dalla Russia (l’Italia 40% per il gas). COMPLIMENTI PER LA SCELTA.
In tutte le scuole di gestione aziendale (e lo sanno tutti gli imprenditori) si insegna che non bisogna MAI legarsi ad un solo grande fornitore o dipendere da un solo grande cliente. Questo è molto pericoloso. Invece i dirigenti tedeschi (ed europei) hanno dimenticato questa basilare regola dell’economia, dimostrando una assoluta incompetenza.
Per anni abbiamo criticato la classe politica italiana (e giustamente continuiamo a farlo), ma la classe politica straniera non sembra affatto migliore. Da un branco di incompetenti è difficile aspettarsi risposte positive alla drammatica situazione che stiamo vivendo.
Da qualche mese (da febbraio scorso fino ad oggi) l’Unione europea sembra abbastanza coesa nelle sue decisioni nei confronti della Russia. Ma cosa accadrà questo autunno e questo inverno, quando la crisi economica dovuta all’inflazione manifesterà tutti i suoi effetti?
L’Ungheria ha già dimostrato di essere filo-Putin, quindi cominciamo a toglierla dalla lista. Le nazioni baltiche, la Finlandia, la Polonia, la Repubblica ceca e la Slovacchia confinano con la Russia ed hanno un atteggiamento più determinato. Spagna, Portogallo, Francia, Italia, Benelux, potrebbero seguire strade diverse.
Riusciranno gli europei a capire che difendere l’Ucraina e contrastare la Russia è diventata una questione di vita o di morte?
E che dire dell’ Italia, che il 25 settembre 2022 dovrà darsi un nuovo Parlamento ed un nuovo governo ? L’80% dei partiti politici italiani è populista (nel senso che fa promesse coi soldi pubblici, aggravando il già pesante debito nazionale). Molti politici promettono che abbasseranno le tasse ed aumenteranno i contributi a favore dei cittadini. Come è possibile farlo, se l’economia sta entrando in recessione e quindi ci saranno meno entrate fiscali?
Nessun politico ci dice che quest’inverno dovremo fare qualche sacrificio, per paura di perdere qualche voto.
MA SIAMO IN GUERRA, e quando si è in guerra DOBBIAMO TUTTI FARE SACRIFICI. Gli Ucraini stanno SACRIFICANDO LE LORO VITE; a noi si chiede SOLO di abbassare i termostati per avere meno freddo d’estate e meno caldo d’inverno, usare meno l’automobile e magari rinunciare a qualche week-end in una capitale europea.
Durante la Seconda guerra mondiale, la Gran Bretagna stava per essere distrutta ed invasa dalla Germania, ma Winston Churchill riuscì a spronare i suoi compatrioti che seppero resistere alle orde naziste ; poi, con l’aiuto degli Stati uniti d’America e delle altre nazioni alleate, i britannici riuscirono a sconfiggere i tedeschi.
In Italia ed in Europa purtroppo non si vede all’orizzonte un solo politico in grado di fare altrettanto; Angela Merkel, personaggio politico di livello europeo che ha diretto la Germania per più di tre lustri, aveva una forte credibilità internazionale: peccato che sia stata proprio lei a legare mani e piedi della Germania al gas russo (con la complicità dell’ex-cancelliere Gerard Schroeder, passato a libro paga dei russi – vedere alla voce Gazprom).
I sacrifici che dobbiamo fare oggi per far fronte alla guerra in Ucraina serviranno anche, e soprattutto, per abituarci al nuovo ordine mondiale che sta emergendo dalle ultime crisi internazionali.
Manca, a livello europeo, una classe dirigente e politica che dica chiaramente a 500 milioni di cittadini che la festa è finita; abbiamo vissuto per 60 anni nel benessere (1960-2020), ed ora stiamo mettendo in discussione la nostra ricchezza.
Prima di mangiarci tutto il patrimonio accumulato, dobbiamo velocemente rivedere i nostri stili di vita. Ma se (quasi) nessuno ne parla, sarà dura.
In realtà già nel 1977, Enrico Berlinguer, allora segretario del Partito comunista italiano, parlava di austerità. Ma non era l’ austerità proposta dalla Commissione europea in anni recenti, cioè l’austerità dei conti pubblici nazionali.
L’austerità di Berlinguer era
- lotta al consumismo (che già allora mostrava i primi segni di decadimento)
- la ricerca di valori umani e di convivenza civile in opposizione alla cultura dello shopping
- la ricerca di un diverso rapporto tra nord e sud del mondo
- lotta agli sprechi ed alle ruberie di una classe politica corrotta
Berlinguer aveva capito, 45 anni fa, che il boom economico era già finito, che dovevamo passare da una economia lineare che sfrutta il sud del mondo (e la natura mondiale) ad una economia circolare in armonia con l’ambiente, che il benessere non era avere l’automobile (o altri beni materiali) ma la consapevolezza di partecipare alla costruzione di una società migliore.
Nessuno vuole tornare alla carrozza trainata dal cavallo e all’illuminazione a lume di candela.
Riconosciamo alle rivoluzioni industriali i benefici tecnologici di cui godiamo oggi (non tutti ne godiamo, solo il nord del mondo; nel sud del mondo molto resta ancora da fare), ma sappiamo anche che questo modello economico mondiale non funziona più. Non si può crescere all’infinito in un mondo finito.
Sul pianeta Terra abbiamo raggiunto l’ impressionante cifra di 8 miliardi di abitanti e cresciamo ogni anno di 75/80 milioni di unità (tutte concentrate in India, paesi limitrofi e nel sud del mondo).
Così continuando, saremo costretti a fare le guerre anche per l’acqua (oltre a quelle per il petrolio ed il gas, già incominciate) e per accaparrare terreni fertili (come si fa dalla notte dei tempi).
Quale futuro vogliamo per noi, per i nostri figli ed i nostri nipoti?
Smettiamola di vivere pensando solo all’oggi.