La Repubblica popolare cinese (PRC) contro la Repubblica di Cina (ROC)

PRC vs. TAIWAN

Da diversi mesi seguiamo con una certa preoccupazione l’evolversi del confronto fra Repubblica popolare cinese (People’s Republic of China – PRC) e la Repubblica di Cina (Republic of China – ROC) più comunemente conosciuta come Taiwan.

Nel 1949 le truppe dell’esercito di liberazione popolare (PLA – People’s Liberation Army) di Mao Zedong sconfissero l’esercito nazionalista del Kuomintang di Chiang – Kai Shek; quest’ultimo si rifugiò sull’isola di Formosa – Taiwan

Da allora la PRC considera l’isola di Taiwan una provincia ribelle; nel contempo, i taiwanesi si considerano loro stessi i veri rappresentanti della Cina; qualsiasi tentativo dei taiwanesi di proclamarsi come stato indipendente verrà interpretato dalla PRC come atto di secessione e giustificherà un intervento militare. Una legge del Congresso degli Stati uniti d’America li obbliga ad intervenire militarmente in caso di attacco della PRC verso Taiwan.

Molto recentemente il presidente cinese Xi Jinping ha dichiarato che la “provincia ribelle” verrà presto riunificata alla madrepatria continentale, con le buone o con le cattive.

https://it.wikipedia.org/wiki/Cina#/media/File:Flag_of_the_People’s_Republic_of_China.svg

Negli ultimi mesi l’atteggiamento della PRC verso la ROC si è fatto sempre più aggressivo, in concomitanza di vari anniversari che si sono succeduti del corso del 2021. Ma la presidentessa taiwanese Tsai Ing-wen ha risposto per le rime, ricordando a Xi Jinping che dalla loro parte ci sono gli Stati uniti d’America (USA) e che non si farà intimidire.

Leggendo il Global Times (www.globaltimes.cn), quotidiano online in lingua inglese che rispecchia gli indirizzi della dirigenza cinese, si comprende che la PRC fa sul serio e che la riunificazione sarà inevitabile, probabilmente entro la fine di questo decennio (come ipotizzato anche da studiosi e militari statunitensi).

La riunificazione, come spesso accade, sta diventando innanzi tutto una questione di orgoglio nazionale; poi diventa anche una vendetta nei confronti dei nazionalisti del Kuomintang, con cui i comunisti di Mao Zedong hanno combattuto per decenni. Terzo, rappresenta il passo successivo alla “riunificazione” con Hong Kong, avvenuta ben prima dei 50 anni previsti dagli accordi con la Gran Bretagna, dopo la cessione della colonia alla PRC.

La Repubblica popolare cinese è diventata, nell’arco di 30 anni, la seconda potenza economica e militare mondiale; da quando, cioè, Deng Xiaoping aveva spronato i cinesi ad arricchirsi per far uscire la nazione dalla povertà. Ed in effetti le città della costa hanno ormai raggiunto standard di vita paragonabili a quelli “occidentali”, mentre i cinesi delle campagne e dei piccoli borghi rurali stanno effettivamente uscendo dalla secolare povertà.

La PRC vuole diventare la prima grande potenza mondiale; in parte lo è già diventata, in qualità di “fabbrica del mondo”e forte di 1miliardo e 450 milioni di abitanti. Ma questo, ovviamente, spaventa i suoi vicini: India, Corea del sud, Giappone, Vietnam tra i primi, nazioni con cui ha già avuto confronti militari diretti o indiretti.

Il Mar cinese meridionale è una delle zone più strategiche a livello mondiale. Se si prende una carta geografica, si capisce perchè; in quell’area transita la gran parte del traffico mondiale di merci (in attesa che si apra definitivamente la rotta artica), sia per le materie prime di cui abbisognano PRC, Corea del sud, Giappone e nazioni limitrofe, sia per l’esportazione dei prodotti finiti verso l’Europa, il medio Oriente e l’Africa.

https://it.wikipedia.org/wiki/File:Flag_of_the_Republic_of_China.svg

Ebbene, da diversi anni la PRC si sta appropriando di diverse isole e isolotti del Mar cinese meridionale, rivendicati da Vietnam e Filippine, sia per motivi geostrategici (per il controllo delle rotte marittime) ma anche per la presenza di petrolio, gas o altri minerali sottomarini.

Ovviamente gli USA non stanno a guardare.

Gli USA non ci stanno a diventare la potenza mondiale numero due, dopo aver dominato il mondo per quasi 80 anni. Fanno transitare le loro portaerei, le loro navi militari ed i loro sottomarini sia tra le isole e gli isolotti del Mar cinese meridionale che, più a nord , nello stretto di Taiwan e tra le isole contese da PRC e Giappone, per rivendicare il diritto di navigazione in acque internazionali.

Si sta ricreando la stessa situazione che, negli anni trenta dello scorso secolo, vedeva confrontarsi gli USA con il Giappone, per il dominio del Pacifico. Al posto del Giappone ora c’è la PRC.

E purtroppo sappiamo anche come è andata a finire.

Pochi ricordano che l’attacco giapponese a Pearl Harbor, e la successiva dichiarazione di guerra, sono scaturite anche dall’embargo per il petrolio ed altre materie prime, che gli USA avevano decretato contro il Giappone.

La PRC, a parole, continua a ripetere di voler vivere pacificamente con i propri vicini, ma i fatti dimostrano il contrario.

La PRC sta cercando di imporre la sua economia e la sua influenza culturale e geopolitica attraverso la “Belt and road initiative” (la nuova “via della seta”), verso medio Oriente, Africa ed Europa.

Ma diecimila anni di preistoria e di storia ci insegnano che prima o poi si ricorre alle armi, per ricondurre a più “miti consigli” le nazioni che non intendono piegarsi al disegno geostrategico della nazione dominante.

E’ quello che hanno già fatto gli Stati uniti d’America, nel corso degli ultimi 80 anni.

Per anni gli statunitensi ci hanno raccontato che volevano “esportare” libertà e democrazia, a cominciare dai siciliani nel 1943, dopo lo sbarco che ha poi condotto al crollo del regime fascista in Italia e la successiva guerra di liberazione dal nazifascismo.

https://it.wikipedia.org/wiki/Bandiera_degli_Stati_Uniti_d’America#/media/File:Flag_of_the_United_States_(Pantone).svg

A Nettuno, amena località 60 chilometri a sud di Roma, c’è il “Sicily – Rome American cemetery and memorial” dove sono sepolti poco meno di 8000 soldati statunitensi, morti nel corso delle campagne militari, che dal luglio del 1943 hanno portato alla liberazione di Roma il 4 giugno del 1944. Ebbene, quei poveri ragazzi, per la maggior parte ventenni e trentenni, non sono venuti in Italia “solo” per liberarci dal nazifascismo, ma, anche e soprattutto, per determinare il ruolo della nuova potenza USA, che si stava affermando nel corso della Seconda guerra mondiale, soppiantando l’impero dei cugini britannici.

Nel corso del dopoguerra l’impero statunitense si è poi consolidato, sia nei paesi “liberati” dal nazifascismo, sia nel “giardino di casa” del sud America, da sempre considerato quasi proprietà esclusiva. Nel corso della guerra “fredda” con l’Unione sovietica, gli USA si sono poi “allargati” in Africa ed in Asia, sostenendo regimi più o meno asserviti.

Il dominio statunitense ha avuto anche momenti assai riprovevoli, quando si è reso responsabile del sostegno ai regimi dittatoriali sudamericani degli anni ’70 / ’80, in particolare ai regimi cileno ed argentino.

Del resto anche lì si è combattuta la “terza guerra mondiale a pezzi” come l’ha chiamata Papa Francesco; altro che guerra “fredda”, il mondo non ha mai conosciuto la pace. In Europa ci illudiamo di questo, e abbiamo già dimenticato le guerre in ex-Jugoslavia.

In sud America, in Africa ed in Asia si sono succedute continuamente guerre, alcune più evidenti, come quelle del Vietnam ,dell’Afghanistan, dell’Iraq; altre più sotto traccia: in Italia abbiamo avuto anche noi centinaia di morti, considerando le bombe fasciste, gli omicidi degli estremisti di sinistra e le vittime delle forze dell’ordine. Tutte vittime della guerra “fredda”.

Per farla breve, oggi, ottobre 2021, siamo nel bel mezzo di un confronto secolare tra una potenza emergente, la Repubblica popolare cinese, ed una potenza declinante, gli Stati uniti d’America: il modello capitalistico, peraltro mutuato in parte anche dalla PRC, sta cominciando a mostrare i suoi limiti.

L’Europa, in particolare, è nel bel mezzo di questo scontro titanico. L’Europa, gigante economico ma nano politico, è un continente anch’esso in declino, sempre più invecchiato ed alle prese con molti conflitti interni.

Spesso , per distrarre l’opinione pubblica di una nazione alle prese con problemi economici o di altro tipo, viene agitato il nazionalismo. Ed il nazionalismo, spesso e volentieri, porta alla guerra.

Questo è il reale pericolo di questi giorni/settimane/mesi.

Un presidente Xi Jinping in difficoltà per il crollo di una grande società o di una grande banca cinese, un presidente USA (chiunque esso sia) in difficoltà per uno scandalo, una precipitosa ritirata dall’Afghanistan o un assalto a Capitol Hill, possono essere fortememente tentati di giocare la carta della guerra.

La PRC ha più volte ribadito che cercherà la riunificazione di Taiwan dapprima in modo pacifico; ma non sembra che i taiwanesi siano d’accordo. Prima di arrivare ad una invasione di Taiwan, la PRC utilizzerà tutte le opzioni disponibili, comprese le guerre elettroniche ed informatiche, per piegarne la resistenza. Esperti parlano anche di un blocco dei porti e del traffico navale taiwanese per costringerli alla resa.

Ma se queste tattiche non dovessero funzionare, resterà solo l’opzione militare.

LA PRC può scatenare l’invasione di Taiwan in qualsiasi momento; l’esercito della PRC è molto più potente di quello della ROC. I taiwanesi venderanno cara la pelle? In un recente articolo, il Global Times sostiene di no.

Ma se l’invasione e la capitolazione di Taiwan non avverranno rapidamente (entro una settimana), ciò potrebbe significare centinaia di migliaia di morti da una parte e dall’altra.

E cosa faranno gli USA? Saranno disposti a rischiare una guerra nucleare con la PRC?

Tutto si snoda intorno a questa domanda. Quando la PRC sarà convinta che che gli USA non reagiranno (o reagiranno in modo molto contenuto), allora scateneranno l’invasione militare di Taiwan.

Con conseguenze imprevedibili per l’Asia ed il mondo intero.