LA TERZA GUERRA MONDIALE

Il 24 febbraio 2022 è iniziata la terza guerra mondiale, ma non sembra interessare (quasi) a nessuno.

Con l’invasione dell’Ucraina, le truppe di Vladimir Putin hanno dato inizio ad un conflitto su scala globale di cui ancora fatichiamo a intravederne le conseguenze.

L’Unione europea e gli Stati uniti d’America hanno varato sanzioni economiche nei confronti della Russia, che, al momento, sembrano aver dato poco fastidio al dittatore russo. Pare che i russi siano abituati ai sacrifici (specialmente dopo 70 anni di dittatura sovietica) e quindi le sanzioni poco incideranno.

Tra le sanzioni varate ultimamente c’è quella dell’embargo del carbone russo, che però rappresenta un decimo dei combustibili fossili importati dalla Russia e quindi il danno per Putin sarà assai limitato.

Pare che l’Europa fornisca, acquistando gas, petrolio e carbone, circa 8-900 milioni di Euro al giorno alla Russia. In pratica stiamo finanziando i missili e le bombe che stanno massacrando migliaia di civili ucraini.

Ma molti politici, opinionisti, giornalisti italiani sono preoccupati che, se blocchiamo il gas russo, tra due mesi chiuderanno molte fabbriche.

Certamente è cosa disdicevole chiudere le fabbriche per mancanza di gas metano dalla Russia.

Certamente è cosa assai più disdicevole chiudere le fabbriche perché ci è arrivato qualche missile in testa. Se non fermiamo Putin, il rischio che il conflitto si allarghi è assai concreto.

Forse non si è capito che cosa stiamo rischiando.

Intanto, senza varare l’embargo al petrolio ed al gas russi, già siamo entrati in una spirale economica negativa: l’aumento dei prezzi dei combustibili fossili e di alcune materie prime come i cereali (Russia e Ucraina producono circa il 30% del grano del mondo) sta già provocando l’aumento dei prezzi di moltissimi prodotti, con gravi conseguenze per i portafogli dei cittadini europei e, soprattutto, provocherà fame e rivolte nelle nazioni africane ed asiatiche che dipendono dal grano importato.

Molti si domandano se sia giusto fornire armi al popolo ucraino che lotta per la propria libertà (e anche per la NOSTRA libertà).

Noi restiamo alla finestra, senza sporcarci le mani, sperando che la cosa finisca lì. Ma che c’importa dei massacri degli ucraini, tanto mica avvengono a casa nostra.

Alcuni giorni fa il presidente del consiglio dei ministri della Repubblica italiana, Mario Draghi, ha detto che dobbiamo scegliere tra la pace ed i condizionatori d’aria.

Per decenni in Europa abbiamo vissuto in un mondo irreale, in un mondo virtuale, dove si pensava di vivere nel “paese dei balocchi”, dove c’era pace, dove era (quasi) tutto perfetto, dove si viveva nel benessere, con beni e prodotti a buon mercato, e si viaggiava in lungo ed in largo con voli low-cost, eccetera eccetera.

Tutto ad un tratto, dal 24 febbraio 2022 ci siamo immersi in un bagno di realtà. Le guerre nel mondo non sono mai finite e solo gli stupidi con i paraocchi hanno pensato il contrario.

Le guerre non sono mai finite, anche perché il tipo di economia che abbiamo scelto è basato sullo sfruttamento sistematico del sud del mondo (Africa, Asia, sud America) a favore delle nazioni “più sviluppate” (Europa, nord America, Russia, Giappone, sud Corea e poi Repubblica popolare cinese – PRC).

Si chiama colonialismo, poi declinato nel più infido e contemporaneo neo-colonialismo. Per mantenere il nostro elevato tenore di vita abbiamo rapinato le ricchezze di nazioni come la Repubblica “democratica” del Congo, foraggiando le oligarchie locali e lasciando nella miseria le popolazioni.

Questo è molto evidente, ma non si dice. E’ una realtà sgradevole che bisogna nascondere e/o camuffare.

Dopo due anni di pandemia, che hanno messo in ginocchio l’economia mondiale, nel secondo semestre del 2021 avevamo assistito ad un “rimbalzo” degli scambi internazionali. Ma dal 24 febbraio 2022 tutto è tornato nuovamente in crisi.

L’aumento dei prezzi dell’energia e di molte materie prime sta facendo risalire l’inflazione e decretando la fine di un decennio di tassi di interesse stabili. La carenza di materie prime mette in crisi intere filiere produttive, già messe a dura prova dalla crisi dei microchip dovuta a Covid-19.

I tempi di consegna di molti beni (come le automobili) si sono allungati a dismisura, e di conseguenza soffrono i mercati mondiali. IL PIL globale del 2022 è rivisto al ribasso.

Non si vuole prendere atto, oltre al già citato neo-colonialismo, che è finita “l’era del consumismo”.

Se non si vuol prendere coscienza (perché troppo doloroso) che è finito un ciclo storico-economico-sociale, mai troveremo le soluzioni per stare meglio. Si dice che il medico pietoso fa la piaga purulenta; qui il medico non è nemmeno pietoso, non fa proprio la diagnosi. Si pensa di curare un cancro con il bicarbonato di sodio.

E allora vai con l’accaparramento dei terreni agricoli in Africa (Cina – PRC), vai con l’accaparramento delle risorse idriche (l’oro blu del XXI secolo), vai con l’accaparramento delle risorse minerarie, come quelle del Donbass in Ucraina: l’aggressione russa nasconde il vero obiettivo, cioè quello della conquista delle preziose riserve minerarie lì presenti.

L’ordine mondiale è stato sconvolto dall’aggressione russa all’Ucraina del 24 febbraio 2022. Non entriamo nel merito sulle responsabilità della NATO, su quelle di Europa e Stati uniti d’America per aver attirato l’Ucraina nel campo occidentale (senza fornirle protezione).

La Cina-PRC non sta intervenendo nella guerra, limitandosi a generiche dichiarazioni che non mettono in discussione l’alleanza con la Russia di Vladimir Putin. M sta commettendo un clamoroso errore. Come dicono alcuni analisti geopolitici, la Cina-PRC spera che alcuni mesi di guerra rendano la Russia molto debole, per poi “papparsela” in un sol boccone.

Peccato che nel frattempo l’economia mondiale stia andando a rotoli, danneggiando inevitabilmente anche l’export cinese.

Xi Jinping aspetta la rielezione (a vita) nel corso del congresso del Partito comunista cinese previsto per ottobre 2022. Ma se per caso l’economia mondiale e la crescita cinese dovessero rallentare troppo, la sua rielezione è a rischio; inoltre la nuova epidemia Covid-19 attualmente in corso a Shanghai (la capitale economica della Cina-PRC) certamente non agevola i piani di Xi Jinping.

Per farla breve, i prossimi mesi ed i prossimi anni non saranno affatto facili. Da due mesi è stata pure sdoganata “l’opzione nucleare”: l’uso di armi nucleari non è più tabù, come lo è stato per 70 anni. E di conseguenza le possibilità di una guerra nucleare sono sempre più concrete.

Come uscire da questa situazione?

Semplice a dirsi, immensamente difficile da farsi.

Per ridurre le tensioni geopolitiche mondiali e far ripartire l’economia, dovremmo far partire una grande campagna di redistribuzione della ricchezza mondiale, per consentire alle popolazioni del sud (e dell’est) del mondo di avere mezzi di sostentamento e, subito dopo, avere capacità di acquisto per rimettere in movimento le produzioni industriali ed agricole (queste ultime messe a dura prova dalla crisi climatica).

Il miglioramento del tenore di vita di 3-4 miliardi di persone ridurrebbe drasticamente TUTTE le tensioni che serpeggiano in ogni angolo del globo (prepariamoci ai prossimi tumulti che deflagheranno a seguito del raddoppio dei prezzi del grano).

Se 3-4 miliardi di persone potessero acquistare beni durevoli e (di prima necessità), ciò favorirebbe il commercio mondiale per i prossimi cento anni.

Ma per redistribuire la ricchezza mondiale occorre rimettere in discussione gli stili di vita spreconi e consumisti del nord del mondo, a cominciare da quelli dei nord-americani e degli europei. La produzione di anidride carbonica di un nord-americano è dieci volte superiore a quella di un africano.

Ma tutto questo non significa tornare al cavallo, alla carrozza e/o all’aratro. Vuol dire

  1. un utilizzo consapevole e critico delle risorse agricole e minerarie del nostro pianeta
  2. produrre beni e servizi attraverso la eco-progettazione, per consumare meno risorse, produrre meno rifiuti ed aumentarne il ciclo di vita
  3. potenziare la famosa (a chiacchiere) economia circolare
  4. potenziare i beni comuni, l’economia della condivisione, la socialità, l’economia del dono
  5. potenziare l’essere, piuttosto che l’avere

Si parla da decenni di una economia post-industriale. E allora facciamolo. Ma post-industriale non significa delocalizzare le produzioni nelle nazioni a più basso costo di manodopera, come abbiamo fatto per 30 anni (dal 1990 al 2020), col risultato che adesso non riusciamo a fabbricare in Europa nemmeno i beni di prima necessità.

Post-industriale significa potenziare l’automazione e la robotica, laddove possibile, ma non per aumentare la disoccupazione. Post-industriale dovrebbe portarci ad una società migliore, laddove molti lavori faticosi e ripetitivi, vengono svolti dalle macchine, ma all’interno di una pianificazione di lungo periodo, dove nessuno viene lasciato indietro e si privilegia la qualità della vita piuttosto che la quantità.

Al momento tutto questo sembra un’utopia.

Prevalgono (come succede da diecimila anni) gli egoismi, le sopraffazioni, le invidie. In pochi sono disposti a mettere in discussione il loro stile di vita.

Come diceva il presidente del consiglio Mario Draghi pochi giorni fa, vogliamo la pace o il condizionatore d’aria?

Purtroppo molti sceglieranno il condizionatore, ed il mondo sarà un luogo sempre più duro e difficile.