La seconda decolonizzazione africana

Oggi, giovedi 31 agosto 2023, sulla prima pagina del quotidiano Avvenire compare un articolo di Marco Impagliazzo, presidente della Comunità di Sant’Egidio.

Impagliazzo parte da un fatto di cronaca, il colpo di stato in Gabon, per parlare di “seconda decolonizzazione africana”.

La prima decolonizzazione era iniziata negli anni ’60 dello scorso secolo, laddove alcuni leader africani avevano preso in carico le istanze di libertà e di indipendenza delle nazioni dal giogo delle potenze coloniali occidentali.

L’indipendenza di alcune nazioni si è concretizzata in modo più o meno pacifico, ma in altri casi al prezzo di sanguinose lotte di liberazione, come è accaduto per l’Algeria, che la Francia non considerava una colonia, ma “territorio metropolitano”. O come accaduto in Angola e Mozambico negli anni ’70, dopo la “rivoluzione dei garofani” che destituì il dittatore portoghese Caetano.

La prima decolonizzazione africana si è rivelata una truffa.

Come già accaduto nel passato per altre rivoluzioni, le élites borghesi, le oligarchie locali che avevano avviato i processi di indipendenza, si accordarono subito con le potenze coloniali, per poter mantenere i loro privilegi e i loro patrimoni. Si accordarono anche perché per poter estrarre le ricchezze minerarie di cui l’Africa è piena occorrevano (ed occorrono anche oggi) le tecnologie che solo le multinazionali dei paesi sviluppati possiedono.

Di conseguenza la stragrande maggioranza delle nazioni africane sono certamente indipendenti, ma solo dal punto di vista formale. Cacciati i francesi, inglesi, tedeschi, italiani, statunitensi dalla porta, essi sono poi rientrati dalla finestra. Creando quella che è stata poi definita “neo-colonizzazione”.

La neo-colonizzazione è stata più devastante della prima. Per poter proseguire il lavoro di prospezione, avviamento, coltivazione dei campi minerari africani, le multinazionali occidentali hanno mantenuto al potere le oligarchie locali, parassitarie e corrotte, che hanno trattenuto per sé i proventi delle estrazioni di uranio, oro, diamanti, petrolio, gas e tanti altri minerali, oggi indispensabili per la cosiddetta “transizione verde”.

Quando si parla di questo aspetto, inevitabilmente si finisce per parlare della Repubblica “democratica” del Congo. In Italia abbiamo “scoperto” l’esistenza di questa nazione solo a seguito dell’omicidio dell’ambasciatore Luca Attanasio, caduto in un agguato insieme al suo carabiniere di scorta ed al suo autista.

I popolo congolese potrebbe essere tra i più ricchi al mondo, considerando le riserve minerarie del suo sottosuolo (tra cui il “famoso” coltan), invece, come la stragrande maggioranza dei popoli africani, vive nella miseria.

Non bisogna essere particolarmente intelligenti per capire che la miseria degli africani deriva dal fatto che i proventi delle ricchezze africane (comprese quelle derivanti dalla pesca e dall’agricoltura) vengono “equamente” spartite tra le multinazionali e i dittatori locali (accompagnati dalle loro famiglie e dagli oligarchi che li sostengono).

Sostanzialmente in Africa siamo ancora nel Medioevo, con imperatori, marchesi e nobiltà locale che comandano una moltitudine di servi della gleba.

L’Unione sovietica si inserì nella prima decolonizzazione africana. Con la scusa di sostenere i movimenti di liberazione nazionale di ispirazione marxista (come in Angola e Mozambico) e con la scusa di contrapporsi al blocco occidentale (eravamo ancora in piena “guerra fredda), l’URSS fornì armi, consiglieri militari e sostegno economico a molte nazioni, coinvolgendo anche Cuba ed il suo esercito in diversi campi di battaglia. Molti ricorderanno che Ernesto Che Guevara iniziò la sua attività internazionalista proprio in Africa.

Anche la Repubblica popolare cinese, qualche anno più tardi, iniziò ad affacciarsi sul continente africano, ma in maniera più subdola. Fino ad ad oggi (a parte l’unica base militare cinese fuori dal suo territorio, nel Corno d’Africa) la PRC (People’s republic of China) non ha ancora fatto uso diretto delle armi per imporre la sua potenza in Africa.

La PRC, affamata di materie prime, ha istituzionalizzato rapporti economici e finanziari con la quasi totalità delle nazioni africane, barattando la realizzazione di infrastrutture (porti, strade, autostrade, ferrovie, centrali elettriche, dighe e quant’altro) in cambio delle materie prime minerarie ed agricole.

Ma, come già successo con le potenze coloniali, quasi sempre le nazioni africane non sono in grado di restituire completamente i prestiti ed i finanziamenti acquisiti per la realizzazione delle opere e finiscono quindi nella cosiddetta “trappola del debito”: il debito accumulato fa diventare le nazioni succubi della politica estera cinese.

Pochi giorni fa (agosto 2023) si è svolto un importante vertice delle nazioni “BRICS” (Brasile, Russia, India, Cina, SudAfrica). Questo vertice determina un nuovo capitolo della geopolitica mondiale.

La guerra in Ucraina ci ha riportati 50 anni indietro, in piena guerra fredda (che in realtà non era mai finita). Da una parte le nazioni NATO (Europa + nord America), dall’altra parte Russia e PRC.

Nel corso della guerra fredda di era creato il movimento dei paesi “non allineati” che cioè non stavano né dalla parte degli USA né da quella dell’URSS. Molte di queste nazioni “non allineate” stanno avvicinandosi a PRC e Russia, come dimostra questo vertice BRICS. Con quali conseguenze?

Se le nazioni colonialiste, Francia e Gran Bretagna in primis, non faranno una pesante autocritica (che non sembra all’orizzonte) la “seconda decolonizzazione” avanzerà sempre più inesorabile.

I recenti colpi di stato in Mali, Burkina Faso, Niger, Gabon ai danni della Francia sono un potente segnale che il neo-colonialismo non funziona più. Se poi quelle nazioni passeranno dal giogo occidentale a quello russo e/o cinese, allora andremo dalla padella alla brace.

Noi europei dobbiamo fare una profonda autocritica. Dobbiamo ospitare i migranti africani per diversi motivi:

  1. la colpa della loro miseria è nostra. Sono secoli che deprediamo le loro ricchezze agricole e minerarie
  2. le fazioni locali (camuffate da movimenti politici o religiosi) si scannano tra di loro per accaparrare i giacimenti minerari, causando stragi di civili
  3. l’Europa è in “inverno demografico”; servono centinaia di migliaia di lavoratori nei campi e nelle fabbriche
  4. l’Africa entro pochi decenni raddoppierà la sua popolazione; tra breve “l’emergenza immigrazione” di oggi sembrerà una “passeggiata di salute”

Certamente non possiamo ospitare centinaia di milioni di africani in Europa, ma se mai inizieremo a smettere di sfruttarli, mai affronteremo la questione in modo radicale.

Si parla da mesi di “piano Mattei” per l’Africa, ma sembra più un piano per ottenere gas e petrolio a costi accettabili, che un “piano Marshall” per un vero aiuto agli africani.

Sono anni che si pratica “la cooperazione internazionale”. Migliaia di cooperanti italiani hanno operato ed operano in Africa con migliaia di progetti per istruire e far crescere le popolazioni locali, ma sono una goccia ne l mare.

E qualsiasi finanziamento elargiremo ai paesi africani, deve essere attentamente monitorato dall’inizio alla fine, onde evitare CHE I SOLDI FINISCANO NELLE TASCHE DELLE OLIGARCHIE LOCALI, invece che per far crescere le nazioni.

Sono secoli che approcciamo l’Africa con una logica prima predatoria, poi paternalistica e poi ancora caritatevole. Massimo rispetto per le migliaia di missionari cristiani che si sono avvicendati in Africa per portare istruzione, sanità e benessere alle popolazioni locali. Ma, come sta scritto in tutti manuali di storia in uso ai nostri studenti, insieme alla istruzione, sanità e benessere essi hanno portato anche la loro religione basata su un unico Dio, hanno imposto valori e credenze che hanno poi aperto la strada ai “cristianissimi” conquistatori occidentali, che volevano “civilizzare” gli indigeni “trogloditi” delle foreste, delle savane e dei deserti africani.

Oggi i cristiani sono tra i pochi che hanno intrapreso strade nuove e stanno facendo cose concrete.

La Comunità di Sant’Egidio da anni sta portando avanti, insieme agli evangelici ed ai protestanti italiani, i “corridoi umanitari”, per far entrare LEGALMENTE migliaia di migranti. Migliaia di migranti sottratti ai trafficanti di esseri umani.

L’attuale governo italiano parla quasi esclusivamente di “lotta agli scafisti”, ma quello è l’effetto non la causa del problema. E non sarà certamente il “blocco delle partenze” a risolvere il problema della Grande migrazione. L’esperienza libica e tunisina ha dimostrato che il blocco delle partenze non è realizzabile, specie in Libia dove lo stato non esiste e dietro le partenze dei migranti si è creata una economia parallela.

Per concludere, se non affronteremo la questione africana con occhiali nuovi, tra 10 anni staremo ancora a discutere degli STESSI ARGOMENTI, sicuramente aggravati e peggiorati.

Inoltre la questione immigrazione, che non si vuole affrontare a livello di Unione europea, porterà inevitabilmente i movimenti politici estrema destra ad essere sempre più forti: è facile aizzare la gente contro gli immigrati.

Ne va quindi della stessa sopravvivenza dell’Europa.